Se ne è andata così, in modo leggero, schivo, come era lei, Brunella Gasperini, tanto riservata quanto clamorosamente esplicita nel dire di se stessa, nel raccontarsi, in quello stupendo, ineguagliabile rapporto che seppe creare con tutti, donne, uomini e adolescenti di diverse generazioni. Per un quarto di secolo ci ha ascoltati e ci ha parlato, con una capacità di intuire situazioni e di leggere emozioni che ne fanno un caso unico nella storia della posta dei femminili. Leggeva ogni lettera, ne ricordava a distanza di tempo i contenuti e persino la grafia, riconosceva immediatamente chi le aveva scritto altre volte. E chi si era consegnato in quello scritto riceveva da lei una risposta che sapeva creare, e questo ci ha sempre stupiti, un rapporto quasi fisico, sì un legame profondo di amicizia, e stima. Scriveva della sua vita piena di dolori, di affetti perduti, di ribellioni, di lotte e di conquiste e quindi si proiettava nella nostra, senza mai prevaricare, senza toni perentori, tollerante ed al tempo stesso fermissima nelle proprie opinioni. Questo è stato il tratto specifico della sua complessa personalità e del suo temperamento: la civiltà dei rapporti, la tolleranza non compromissoria. Lei, antifascista, con quattro fratelli partigiani, con la giovinezza vissuta durante la guerra e un figlio che le morì tra le braccia durante un bombardamento, lei sapeva capire anche chi ideologicamente le era nemico. In un rapporto dialettico che l'aveva fatta crescere e maturare insieme alle centinaia di migliaia di donne che a lei si erano rivolte. Con una straordinaria capacità di armonizzare il quotidiano, il privato, con gli aspetti che ogni individuo vive nel collettivo. Ma fermiamoci qui. Rimangono le sue pagine. Dove il dialogo con la vita degli altri ci può ancora accompagnare. Anche questo fa parte della sua eredità.
Luciana Omicini
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