Premessa
«Boh!», dice qualcuno. «Cosa me ne faccio delle buone maniere? Quando c’è la salute».
Se nella salute sta l’unica aspirazione della vostra vita, lasciate stare questo libretto e andate a fare delle iniezioni ricostituenti. Però, forse, non si sa mai, le iniezioni potrebbero farvi venire un ascesso. Questo libretto, di ascessi non ve ne procurerà. Forse, non si sa mai, le mie illusioni sono infinite, potrebbe anche farvi divertire. E il riso, dopo tutto, fa buon sangue. Il mio non vuole essere un ponderoso e impettito manuale di galateo, ma una guida pratica, utile e dilettevole al saper vivere dei nostri giorni.
Attraverso le mie modeste esperienze di giornalista, di moglie, di madre, di figlia e di donna di questi tempi (normalmente fornita d’occhi, di orecchie, di cervello e di macchina per scrivere) ho cercato non solo di illustrare come sia corretto e conveniente comportarsi nelle normali ma non sempre facilissime circostanze della vita moderna, ma anche di aprire la strada all’obiettività, al buon gusto, alla misura, al senso umoristico, alla gentilezza reciproca.
Una vecchia ma validissima chiave delle buone maniere è il non mai abbastanza predicato: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”. Con questa chiave si possono aprire molte porte del saper vivere, ma non tutte: infatti a volte non basta sapere quello che non si deve fare, ma occorre anche sapere quello che si deve fare. Potete però conoscere a memoria tutte le più sacre regole di tutti i più sacri galatei, e non essere ugualmente capaci di vivere gradevolmente, se non avete almeno una di queste tre doti, di questi tre pilastri del saper vivere: bontà d’animo, intelligenza, buonsenso. E d’altra parte potete essere buoni, intelligenti, sensati, e trovarvi ugualmente in difficoltà se non avete almeno un minimo di esperienza in fatto di comportamento esteriore.
Cercando di stabilire, senza troppa noia, un ragionevole e proficuo grado di saper vivere esterno e interno, questo libretto si illude anche di poter contribuire, sia pure in piccola parte, all’aumento della vostra “felicità pratica”. Io sono infatti convinta che la felicità (la modesta e sempre condizionata felicità concessa ai comuni mortali) non è fatta solo di quelle cose che si scrivono con l’iniziale maiuscola, ma anche di cose assolutamente minuscole, per niente sublimi, che sembrano prive di valore ma che, se fate la somma, non lo sono affatto: da tanti piccoli, trascurabili errori particolari può venir fuori uno sconquasso generale. E se è vero che sbagliando s’impara, è anche vero che se uno riesce a imparare senza totalizzare un record di errori e di sconquassi, è meglio.
Brunella Gasperini alias Candida
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