Racconto di Brunella Gasperini
“Se Dio vuole, caro!“, disse Laura voltandosi. Era in piedi vicino alla finestra, snella e preziosa nel suo perfetto vestito, la bocca rossa piegata in un quieto sorriso. “Temevo che fossi stato bloccato anche questa volta“.
Marcello venne a sfiorarle la guancia con le labbra. “Il tempo di cambiarmi e di levarmi di dosso l'odor di clinica, e partiamo. Ti prometto che arriveremo in tempo per i cocktails”.
“Promettilo a te stesso, caro”, ridacchiò Laura. “Dimentichi che sono astemia”. Dimenticava tante cose, Marcello. Laura alzò la mano a carezzargli leggermente i capelli, e il grosso brillante lampeggiò sulla sua mano sottile. “Sbrigati, caro”.
Mentre Marcello si cambiava, Laura sedette in poltrona nel salotto, appoggiando la liscia testa bionda allo schienale. Non erano i cocktails che le interessavano, in quel weekend alla villa sul lago dei loro amici Roveri. I cocktails, come le sigarette e le arrabbiature, rovinavano la salute e la carnagione, e Laura li aveva aboliti da un pezzo. Pregustava una deliziosa serata: si vedeva entrare nel salone dei Roveri, la mano appoggiata sulla spalla del suo solido, importante marito (la moglie perfetta), vedeva gli occhi degli uomini ammirare il suo viso e la sua figura e quelli delle donne invidiarle quel piccolo, malizioso capolavoro che era il suo vestito. Poi, dopo una squisita, brillante cenetta, Marcello si sarebbe seduto al tavolo da bridge col padrone di casa e un altro paio d'ospiti importanti, e lei avrebbe ballato, nella sala vicina. Con un piccolo sorriso Laura chiuse gli occhi.
“Eccomi“ disse la voce di Marcello. “Possiamo partire”.
Era fermo sulla soglia, il marito perfetto, col suo sorriso gentile e i suoi occhi assenti: in quegli occhi lei poteva sempre vedere file e file di bisturi affilati e lucenti, ed eserciti di infermiere e di medici sull'attenti.
“Sei un uomo molto distinto, signor primario”, disse soddisfatta.
“E tu sei fin troppo bella per essere una moglie”, rispose galantemente, ma distrattamente, Marcello, facendole scivolare il soprabito sulle spalle nude.
"Fin troppo bella per essere una moglie", pensava Laura mentre la Cadillac nera filava silenziosa e massiccia sull' asfalto. Sarebbe stato un complimento molto carino, se Marcello avesse pensato a quello che stava dicendo... Di nuovo Laura sorrise tra sé. C'era qualcuno che pensava davvero che lei era troppo bella per essere una moglie, qualcuno che quando la guardava vedeva lei, i suoi occhi e la sua bocca, e non bisturi e tonsille. Qualcuno che le scriveva buffe commoventi letterine che parlavano di gioia e di tormento, di poesia e di notti insonni. Stasera l'avrebbe rimproverato. "È un ragazzo Andrea", gli avrebbe detto con un sorriso tra tenero e divertito. "Per questo non mi arrabbio. Non posso prenderla sul serio, caro... È una cosa talmente buffa!". Era una cosa buffa? Laura socchiuse gli occhi. Andrea, le sue spalle larghe, i suoi denti candidi, i suoi occhi appassionati e ingenui come i suoi bigliettini. Certo, era una cosa buffa. Ma piacevole... molto piacevole.
“Riattacca a piovere”, disse Marcello.
“Questo aprile esagera”, brontolò pigramente Laura. Le piaceva essere asciutta e calda nella grossa tiepida macchina dove stagnava sempre una traccia del suo profumo, mentre fuori pioveva e l'asfalto si riempiva di pozzanghere lucenti alla luce dei fari. Però le sarebbe dispiaciuto che piovesse domani. Nella valigetta di pitone che stava sul sedile posteriore c'erano dei pantaloni di gabardine verde (poteva ancora portarli brillantemente, con la sua figura), un'incantevole maglietta bianca e un allegro giaccone frangiato: un insieme molto adatto per una gita in barca con Andrea, sul lago stregato dal sole d'aprile, mentre le altre signore facevano la siesta sulle sdraio e i mariti parlavano di politica e di affari nel portico. Nessuno ci avrebbe trovato niente di male: tutti a cominciare da lei stessa, sapevano che Laura era una moglie perfetta.
Ora pioveva forte. Il rumore dolce e monotono del tergicristallo scandiva il tempo in sordina. Sciuf, sciuf...
“Hai avuto una giornata faticosa, caro? chiese Laura affettuosamente.
“No, non molto”. Il solito.
Laura non ascoltò neanche la risposta: era sempre la stessa. Gli diede un'occhiata soddisfatta; un profilo severo, molto "primo chirurgo", una nuca distinta, un vestito di classe e dei grossi vecchi guanti di cinghiale appoggiati sul volante. Dava una tale impressione di solidità e di benessere: presente e futuro. Impossibile bisticciare con un marito come lui. "E anche con una moglie come me", riconobbe con orgoglio. Da quanto tempo non bisticciavano più? Non c'è ragione di bisticciare, quando si ha tutto quello che si vuole e si è persone intelligenti. In quel momento un giovanotto sbucò da un'autorimessa sulla strada e alzò un braccio per fermarli.
“Tira dritto, caro", disse Laura, “siamo troppo in ritardo”. Ma Marcello aveva già fermato: aveva delle idee molto precise sui doveri di un cittadino.
“Potete prendere a bordo due naufraghi?”, chiese il giovanotto piegandosi sul finestrino: l'acqua gli colava intorno da tutte le parti e la sua faccia era allegra sotto il cappuccio del montgomery. “La nostra macchina si è sentita male e pare che non possano ripararla fino a domani: Ci basta essere portati fino al prossimo posto dove si possa mangiare e stare asciutti".
“Salite", disse Marcello. “Dove sono gli altri?”.
“Gli altri sono mia moglie: è una brava ragazza, parla poco e non butta la cenere sui sedili. Un attimo solo. Anna!”. Si volse gesticolando, e subito dopo una ragazza col soprabito tirato sulla testa correva verso la macchina, sguazzando nelle pozzanghere coi suoi mocassini grigi.
“Grazie mille!”, disse, quando si fu seduta col marito sui sedili posteriori, spostando con rispetto la valigetta di pitone. “Questa è la prima cosa buona che combina Giorgio in tutta una giornata”.
“Le donne” sospirò il giovanotto. “Se si parte in ritardo, se viene un'alluvione, se la macchina si rompe, se si incappa in un meccanico cretino, la colpa di chi è? Del marito: d'accordo, moglie. Sono stufo di litigare. Quello che chiedo è un tetto sulla mia testa, una cena calda e un letto dove si possa stare in due".
“Dove eravate diretti?", chiese Marcello, che aveva l'aria di divertirsi.
“Ad Argegno, dai miei augusti suoceri”.
“Noi ci fermiamo prima, mi spiace".
“Oh, non importa!”, si affrettò ad assicurare il giovanotto. “Era una riunione familiare: zii, prozii e personaggi influenti del paese convocati per conoscere il sottoscritto. A quest'ora sono tutti radunati nella veranda, con i vestiti belli e il grido "Viva gli sposi!” pronto in gola. Rimanderanno il grido a domani, ecco tutto”.
“Sei uno sfacciato" disse la ragazza, con un gaio tremolio nella voce. Il giovanotto si voltò verso di lei e le passò il palmo aperto sulla faccia umida, in una ruvida carezza.
“Sembri un pulcino bagnato. Hai freddo?
“lo, no" disse lei raggomitolandosi nel cavo del suo braccio. “Sto benone”.
La Cadillac procedeva indisturbata sotto il diluvio. Laura accese la radio.
“Che cosa daresti per avere un brillante come quello?”, sussurrò il giovanotto a sua moglie.
“Quello che daresti tu per avere una macchina come questa”.
“Ah!", disse lui. “Non cambierei la nostra Libellula con una macchina cosi. Mi sembrerebbe di guidare una mucca”.
Lei fece una risatina, poi gridò: “Giorgio? Osteria con alloggio!”.
“Si fermi, per piacere, andrà benissimo qui!" disse il giovanotto. “Grazie, siete stati molto gentili. Buona domenica!”.
Laura li guardò correre, ridendo e sguazzando, verso l'osteria, e sparire dietro una porta a vetri non troppo pulita. La Cadillac si rimise in moto, tronfia e sicura.
"Una mucca", pensò Laura, stranamente mortificata. "Scommetto che la loro Libellula è una Topolino scassata". E ad un tratto le vennero incontro, attraverso un tempo spaventosamente lungo, un altro weekend e un’altra topolino scassata che si chiamava “la Colombina”.
Era il loro primo weekend fuori città, dopo otto mesi di matrimonio, ed era la loro prima automobile: una Topolino fuori serie, decapottabile, di un azzurro violento, acquistata di terza o quarta mano tre mesi prima, in cambio della motocicletta di Marcello e di una somma modesta in più. ("È questione di decoro", diceva Marcello. "Un medico che si rispetti non può andare in giro a visitare la gente su una motocicletta. Fa troppo veterinario"). La Colombina era una macchina di temperamento personale, molto simile a quello dei muli. Ma loro le volevano molto bene, e la trovavano meravigliosa. Così azzurra. Così fuori serie. La gente si voltava a guardarla.
Quel pomeriggio di sabato, dopo aver lavato e asciugato la Colombina con la cura di una madre amorosa, Marcello salì in casa gridando:
“Sei pronta, cucciolo? Il tempo di lavarmi le mani e partiamo”.
Intanto che Marcello si lavava le mani, il telefono squillò, e Laura si precipitò a rispondere, con una faccia aggressiva. Aveva appena detto "pronto", che Marcello le piombò alle spalle, imbavagliandola nell'asciugamano, e le tolse di mano il ricevitore: “Pronto! Sì, sono il dottor Zari. Mi dica, signora Rossi".
Al di sotto dell'asciugamano, Laura gli faceva dei violenti cenni di diniego, pestando i piedi per terra; ma Marcello continuò a parlare come se non la vedesse. Infine depose il ricevitore, le passò davanti e andò a prendere la borsa. “Non puoi andarci!”, gridava lamentosamente Laura, rincorrendolo. “Dobbiamo arrivare al mare col sole... Ascoltami, Marcello!”.
“Si tratta del bambino. Ha la febbre. Farò prestissimo, vedrai”.
“Ci sono migliaia di medici in città! Medici scapoli! Medici che non devono partire per il loro primo weekend! Perché devi andarci proprio tu? “.
“Perché la signora Rossi ha chiamato me. Sono un medico, non un salumiere. Farò presto: in mezz'ora vado e torno. Tieniti pronta”.
Lei si era tenuta pronta per circa due ore. Quando infine Marcello era rientrato, fischiettando allegramente, la rabbia di Laura era diventata nausea.
“Era solo una tonsillite. Ma ho dovuto fare un'iniezione di olio canforato alla signora Rossi che sì era spaventata, e fasciare il piede del bambino più piccolo che era caduto dal seggiolone. E al ritorno la Colombina si è sentita male; si è fermata, e non riuscivo a capire che cosa avesse: sai come fa. Ho aperto il cofano, avvitato, sfregato, picchiettato qua e là; e infine devo aver toccato il punto giusto, perché si è rimessa a camminare. Ed eccomi qua. Sei pronta?”.
Senza rispondere, Laura lo segui nel cortile e sali sulla Colombina. Solo dopo una ventina di chilometri ritrovò con violenza la voce.
“Arriveremo che sarà già buio! E tutto per l'angina di uno stupido marmocchio!”.
“Non è affatto stupido. E poteva essere una difterite”.
“Ma non lo era! E almeno la signora Rossi ti pagasse le visite!”.
“Non è colpa sua, se il marito è disoccupato”.
“Ma nemmeno tua! Né mia! lo conto meno di uno qualsiasi dei tuoi strapelati clienti!’.
“Piantala!”, gridò rudemente Marcello. “Dovevi sposare un salumiere”. Pestò una mano sul clacson, che ululò come un cane bastonato, ingiustamente. Dopo di che un oltraggiato silenzio regnò nella Colombina. Intanto era cominciato a piovere, e Marcello dovette scendere per alzare la capote. La quale, come al solito, non desiderava affatto essere alzata. La pioggia divenne un acquazzone, e quando la capote si decise a cedere, Marcello e Laura erano fradici.
“È una nuvola che passa -, disse Marcello risalendo al volante. Laura alzò un sopracciglio disgustato. Fu dopo Voghera che la Colombina cominciò a dare delle piccole scosse, tipo tic nervoso, accompagnate da rumori strani.
“Cosa dice, adesso?", si degnò di chiedere Laura.
“Ho rinunciato da tempo a capire il linguaggio della Colombina", rispose Marcello. “L'unica è fare finta di niente e tirare avanti”.
Così tirarono avanti: brevi corsette seguite da lunghi tratti a passo d'uomo, tra scricchiolii, sibili e piccoli allarmanti ruggiti. Infine, con un fragore d'esplosione e una fumata dal cofano, la Colombina si fermò drammaticamente. L'urlo di Laura fu seguito da un minuto di annichilito silenzio. Poi Marcello voltò verso sua moglie una faccia costernata:
“Si è rotta tutta”, disse, lugubremente. Dopo un momento aggiunse con freddezza: “E non vedo che cosa ci sia da ridere”. A queste parole. l'ilarità che Laura tentava di nascondere dietro un'aria compunta si trasformò in una gioconda, squillante, irrefrenabile risata, e Marcello ne subì il contagio. Quando, a fatica, riuscirono a smettere di ridere, i due coniugi amareggiati erano diventati due ragazzi felici, nel mezzo d'una buffa avventura.
“Sono stata una vera suocera, scimmiotto. Mi perdoni?”.
“Sono io che sono stato abominevole, cucciolo. La mia testa è cosparsa di cenere”..
“La tua testa è bagnata. E il tuo naso sporco d'olio”.
“Ti proibisco di ricominciare a ridere. Dobbiamo affrontare la situazione”.
Dopo circa mezz'ora di inutili segnalazioni, finalmente una macchina si fermò nonostante il temporale, e per mezzo dì una volgare corda rimorchiò la Clombina e i suoi padroni fino alla prossima autorimessa. Quando il meccanico alzò il cofano per guardare nell'interno, la sua faccia ricordò a Laura quella di un chirurgo che apre un addome credendo di trovarci una semplice appendicite e si trova davanti un tumore ramificato.
“Il posto di questa macchina non è un'autorimessa, è un obitorio”, disse disgustato “Vedremo quello che si può fare, ma fino a lunedì non se ne parla".
“E così siamo sistemati", concluse Marcello, “Non ci resta che tentare un altro autostop e farci portare dove si possa almeno mangiare qualche cosa”.
“C'è un buon alberghetto, poco distante da qui”, disse il meccanico; “vi presto una bicicletta”.
E poco dopo Marcello pedalava sulla strada bagnata, con la moglie sulla canna. Il "buon alberghetto" era una specie di osteria, di quelle coi tavoli di marmo. il gioco delle bocce e le camere col catino e la brocca di ferro smaltato. Ma la cena fu ottima, il vino abbondante, e il naufragio del weekend si trasformò in una di quelle calde, perfette serate che nascono senza preparazione, miracolosamente, quando si è molto giovani e molto innamorati e un letto col materasso a gnocchi, un soffitto con le ragnatele e il rumore della pioggia sui vetri senza tende diventano felicità e poesia.
“lo non voglio diventare un luminare" disse Marcello quando infine giacquero abbracciati al buio nel lettino troppo stretto. “lo voglio essere un vero, onesto medico qualunque, che cura con passione anche le angine e le indigestioni, i mutuati e le signore Rossi. Sarà una vita dura, cucciolo, ma... ".
“lo non voglio un luminare”, rispose sonnacchiosamente Laura, stringendosi contro dì lui sotto le lenzuola ruvide. “Voglio un marito che mi ami, una Colombina e un sacco di bambini ".
“Simpatici ragazzi”, disse, come da una grande distanza, la voce di Marcello. Una voce massiccia e positiva come la Cadillac. Laura continuò a guardare fuori dal finestrino rigato di pioggia, senza rispondere. Dov'erano finiti i litigi, i sogni e le avventure? Eccoli qui... un "luminare", solido e distinto, che riempiva la propria vita con i tumori e Ie ulcere dei milionari, e una donna di trentanove anni, ben massaggiata e truccata, che riceveva lettere d'amore da un ragazzo che aveva quindici anni meno di lei. La coppia perfetta! "Oh, Dio, come ha potuto accaderci questo?".
“Laura“, chiamò Marcello sottovoce. Lei finse di non aver udito, e non si volse. Marcello non avrebbe potuto capire... "Lui ha il suo lavoro, la sua carriera, i suoi bisturi. Ma io, io che cos'ho? Un brillante di quindici carati e una faticosa bellezza da tirare avanti. Oh, Signore... Vorrei esser morta insieme al mio bambino che non ha voluto vivere". La vecchia ferita, sepolta sotto i bei vestiti, le cure estetiche e la vita brillante, era aperta e bruciava. Quel perfetto, pregustato weekend sul lago aveva a un tratto sapore di cenere.
La Cadillac si fermò silenziosamente sul ciglio della strada.
“Non pensi che piangeresti meglio sulla mia spalla?” chiese dolcemente Marcello. Lei si volse, trattenendo il respiro. Non c'era stupore, sulla faccia di Marcello: c'era pietà, e una terribile stanchezza, Dio santo, com'era diventato vecchio... Da quanto tempo non gli chiedeva del suo lavoro, da quanto tempo non gli dava un bacio che fosse un bacio! Ad un tratto negli occhi di Marcello non vedeva più bisturi e clienti milionari, ma pazienza e fatica, vedeva la Colombina, e i giovani sogni sepolti, e gli anni duri, e i figli che non gli aveva dato. E allora, dopo tanti anni, superò il muro della propria ipocrisia e della propria paura e gli si buttò sul petto in un rauco, desolato scoppio di pianto. Lui le carezzò la testa, senza dir niente. Infine Laura si raddrizzò e si asciugò gli occhi.
“Non andiamo dai Roveri, Marcello”, disse sottovoce. “Torniamo indietro! Andiamo in quell' osteria con quei due ragazzi“.
“Credi che sarebbero contenti di vederci arrivare?”.
“No, forse no”, disse Laura. e aggiunse coraggiosamente: “Siamo troppo vecchi. Ma ci sarà pure, su questa strada, un'altra osteria per due poveri vecchi coniugi senza avventure?“.
“Ci sarà certo, cara”, rispose Marcello. Accese la luce interna della macchina e prese tra le mani la faccia di sua moglie: una faccia chiazzata e sconvolta, dove il rimmel aveva lasciato dei rivoletti grigiastri e dove le rughe intorno agli occhi erano ben visibili. E su quel povero viso di trentanove anni Marcello passò la mano aperta, lentamente, nella carezza più triste e tenera che le avesse mai dato.
“Avanti”, disse poi, spegnendo la luce interna, “andiamo a cercare questa osteria, poveri vecchi”.
”Coraggio”, disse Laura, “metti in moto questa mucca”.
E per la prima volta dopo molti anni, le loro voci erano giovani.
Brunella Gasperini
pubblicata su Annabella prima del 1956
(fogli sciolti di vecchie riviste)
grazie ad Elisabeth Palladino dal Brasile!
Struggente...ma scalda il cuore...è sempre Lei ... Brunella
RispondiEliminaBrunella è inconfondibile! Dolce, tenera e appassionata e assolutamente NON "rosa"
RispondiEliminaCristina (QuellaDiRoma)
Quando a trentanove anni si era vecchie... :-)))
RispondiEliminaTenera e triste storia, cosi' stile suo!!
RispondiEliminaGraxie, che bel regalo!
Buon giorno! E' un racconto tratto da un libro?
RispondiEliminaNo, pubblicato su Annabella, non è presente in alcun libro.
Eliminavengo dal Canada, sono molto felice di condividere la mia grande e meravigliosa testimonianza con tutti su questa piattaforma ..: Sono stato sposato per 4 anni con mio marito e all'improvviso è entrata in scena un'altra donna che ha iniziato a odiarmi ed era offensivo e tutto perché non gli ho mai dato alla luce un bambino. ma lo amavo ancora con tutto il cuore e lo desideravo a tutti i costi ... Ha chiesto il divorzio e tutta la mia vita stava andando in pezzi e non sapevo cosa fare, si è trasferito da casa e mi ha abbandonato tutto da solo, un giorno un mio caro amico mi ha raccontato di aver provato i mezzi spirituali per riportare indietro mio marito, quindi sono andato online per cercare e ho trovato così tanti incantatori che hanno solo perso tempo e preso molti soldi da me, ma sono tornato da lei e le ho detto che il modo spirituale ha solo preso i miei soldi e non ha prodotto nulla, e lei mi ha fatto conoscere un incantatore chiamato Dr.Wealthy, quindi ho deciso di provarlo. anche se non credevo in tutte quelle cose a causa di quello che ho passato di recente, ho contattato il Dottore e gli ho spiegato tutti i miei problemi e mi ha detto che non avrei dovuto preoccuparmi quando ha lanciato l'incantesimo su di me e sul mio marito che mio marito tornerà da me e che entro 3 settimane rimarrò incinta, quindi ho fatto il piccolo che mi ha chiesto di fare ed ecco che tutto funziona, mio marito è tornato da me e in questo momento abbiamo gemelli ragazzo e ragazza, quindi grazie a Dr.Wealthy sei davvero un grande incantatore, nel caso in cui qualcuno abbia bisogno di aiuto ecco il suo indirizzo email; wealthylovespell@gmail.com I suoi incantesimi sono per una vita migliore O whatsapp ora +2348105150446
RispondiEliminaMi chiamo Zola La Rosa, ho visto un commento online su come la dottoressa Adeleke Oba ha riportato suo marito che se n'era andato per mesi. Ho contattato la dottoressa Adeleke Oba, mi ha detto cosa fare e l'ho fatto secondo le sue istruzioni. All'inizio avevo paura ma stando a quanto mi ha detto "Tuo marito tornerà entro 48 ore" Ecco fatto, tutto è cambiato all'improvviso. Ora sono di nuovo felice. Puoi contattare Adeleke Oba via mail..
RispondiEliminaaoba5019@gmail com
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