venerdì 28 ottobre 2011

Franco Cordelli su Sette del Corriere della Sera

Una narratrice popolare, questa l'accusa che ha sempre pesato su Brunella Gasperini. Un'offesa che a vent'anni dalla morte sembra un complimento




Tempo fa Michele Serra ha segnalato sul Corriere della Sera, tra i migliori libri di tutti i tempi, tra le mille Odissee, Divine Commedie, Bibbie ecc., Una donna e altri animali di Brunella Gasperini. Una segnalazione impegnativa. Brunella Gasperini? Chi è costei? Una donna e altri animali, dunque. In libreria si scopre che questo libro è stato ripubblicato da Baldini&Castoldi (assieme a Buio alle spalle e a Più botte che risposte). Era uscito nel 1978, l'anno di Moro, l'anno di Sciascia. L'anno prima era uscito Famiglia della Ginzburg; la Morante stava scrivendo Aracoeli. Chi era in grado di prestare attenzione a una scrittrice che s'era formata sui periodici femminili?

In quanto a «donne e altri animali», in quanto a «famiglia», le scrittrici che avevano voce in capitolo erano le altre, le cosiddette colte. E se poi si legge il romanzo della Gasperini si capisce subito che cosa significa non essere colti, essere classificati tra gli scrittori popolari. Una donna e altri animali è, per una somma di sprezzature ineffabili e supreme, il romanzo di una vita. Un romanzo scritto (senza sapere e tuttavia sapendo) sull'orlo del precipizio: vi si narra di una malattia che l'autrice crede superata e che verosimilmente non lo era (la Gasperini morirà l'anno dopo, a 61 anni). Un romanzo scaturito da un'ansia, dunque pieno come un uovo, germinale, di ubriacante fertilità. Le morti vi si susseguono; ma altrettanto implacabili le rinascite. Tutto in esso vi pulsa, tutto corre e si assomiglia: gli uomini sono come animali e gli animali come uomini. Ma Una donna e altri animali trae le stesse stimmate di romanzo popolare, cioè di quasi condanna, dall'essere tutto emotivo, tutto parlato, gridato ad alta voce, detto a mezza voce, sussurrato tra sé e sé. Mai, in ogni caso, un attimo di silenzio. Esso, per quanto la Gasperini sia una «narratrice allegra con lacrima», spinge fatalmente all'identificazione. La sua ironia non è schermo bastevole e questo la condanna (o la condannava): nonostante la velocità di scrittura sia superiore a quella di Puerto Plata Market di Aldo Nove o di Fango di Ammaniti. I «cannibali» sono appunto cannibali, indifferenti e dunque alti; la Gasperini, ciò che divora è solo la vita (la sua vita): quanto, finendo con l'essere divorati, spinge sempre più a fondo. Con esattezza da entomologo, chi ha vergato il risvolto di copertina definisce il romanzo «ilare e straziante»: una coppia di aggettivi solo apparentemente anonima. A nostro parere è firmata Oreste Del Buono. E qui lasciamo per un attimo la Gasperini e parliamo del suo riscopritore, Del Buono, appunto, che ne ha voluto la ripubblicazione. Si è discusso molto di recente di chi sia lo scrittore più importante degli ultimi decenni. Ma se si vorrà pronunciare un vero giudizio critico, non legato alla mera valutazione di un testo considerato come un in sé isolato da ogni contesto, esistenziale e culturale, credo che l'opera svolta da Del Buono negli ultimi trentanni sia più importante, per quantità e alla fine per qualità, di quella degli stessi Calvino e Pasolini. Non solo i suoi romanzi ma, intendo, il lavoro capillare perché il corto circuito tra cultura alta e cultura popolare sia ripristinato.

Questa è l'eredità di Vittorini e Pavese e la profezia di Eco (Eco come «nipotino di Del Buono»): un lavoro enorme; di resistenza eroica alle classificazioni monumentali e, più ancora, alla volontà di non classificare, di non valutare, di sempre transigere; un lavoro di indomita energia, come indomita fu la lotta di Brunella Gasperini per la vita, o meglio per la buona vita, per la vita senza pregiudizi.


di Franco Cordelli

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...